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L’Io, la Realtà, la Speranza

Più non abitate conventi di pietra
perché il cuore non sia di sasso!
(David Maria Turoldo da “O sensi miei”)

La stagione in cui ci è dato vivere non induce certo all’ottimismo. E’ semmai l’epoca – per dirla con le parole di Spinoza- delle passioni tristi.

E non si abbia timore ad essere tristi, senza perciò indulgervi. Ci consoli l’insegnamento di Erich Fromm, il quale sosteneva che non si può essere profondamente sensibili in questo mondo senza essere molto spesso tristi.

Il futuro, infatti, sembra tinteggiarsi di minacce, piuttosto che di promesse.

E non certo solo ed esclusivamente a causa dello scenario pandemico che sta scavando la viva carne delle nostre comunità. Lo scenario è doloroso, anche per il tragico svanire delle aspettative di una serena prospettiva di sviluppo e di progresso.

La speranza

Evocare la speranza, nelle condizioni date, sembra essere – pertanto- più un esercizio retorico, un richiamarsi ad “una parola che non indica affatto una vaga predisposizione a un bene o a un miglioramento futuro che dovrebbe accadere domani” come scriveva Severino Cesari. Ancora nelle sue parole mi voglio ostinatamente riconoscere quando nel suo libro “Con molta cura” (Rizzoli) così continuava: ” No, speranza è una realtà in atto, un esile robustissimo filo che traccia proprio il progresso dei nostri sforzi, spesso minimi ma incessanti, per uscire da una situazione anche al limite delle nostre forze. Io coltivo la speranza, coltiviamo tutti la speranza”.

Coltivarla, tuttavia, con ostinazione, postula il liberare il cuore dai muri di pietra in cui esso è prigioniero, come ci invita a fare provocatoriamente Padre Turoldo.

Forse la consapevolezza che la realtà è ben lontana dal sollecitare sentimenti ottimistici, potrà

rendere la nostra piccola, grande vicenda umana ancora più affascinate, proiettandola per ciò stesso verso un orizzonte di senso più alto.

Da dove iniziare allora. Quale l’incipit per “disseppellire” il cuore, e portarlo alla luce da sotto i cumuli della tecnica e della intelligenza fredda.

Un nuovo percorso

Una appare la energia originaria, una sorta di arkè fondativo su cui costruire il progetto di speranza.

Si tratta di alimentare una forza primigenia, presente in ciascuno di noi, perché possa nascere l’uomo nuovo per una epoca nuova.

In un monologo di Gigi Proietti (veicolato in questi giorni sul web) si parla di un padre che in sogno chiede al figlio cosa ne avesse fatto della vita ricevuta in dono, se essa fosse servita per cambiare il mondo…per far nascere l’uomo nuovo…

La sfida da affrontare subito, senza indugio allora è quella di saper costruire -in questa frenetica società dell’avere e dell’apparire- giorno dopo giorno, con fatica, la nostra competenza all’essere.

Essa è essenziale per trovare il senso del se, della relazione con l’alterità, dell’armonioso realizzarsi e valorizzarsi del se nel progetto del noi…del tutto.

Formidabile la definizione che ne traccia Padre Giovanni Salonia, (Felicità e dintorni), francescano, psicologo della gestalt “………c’è oggi, infatti, una preoccupante e diffusa tendenza, nel sociale, come nella scuola, nei media, come nella politica, alla esemplificazione, alla provvisorietà, al fare (comunque ed in qualsiasi modo) più che al creare, al dire (qualunque cosa) più che al pensare. Al fatto più che al senso. Come dire che il rilievo della vita e della soggettività, l’attenzione all’alterità nel suo puro esserci, pone oggi la questione fondamentale di un vivere spinto fino ai margini dell’inconsapevolezza e del non sapere, come se non si riconoscesse che esiste una formazione, una sorta di competenza alla soggettività, necessaria perché il soggetto sia.”

Credo che consonante con l’auspicio della paziente ed appassionata edificazione della “buona vita e del buon mondo”, che liberi e non imprigioni il cuore o se volete l’intelligenza “calda” del cuore, siano i versi di una poesia di Ghandi.

“Ti darò un talismano.
Ogni volta che sei nel dubbio o quando il tuo io ti sovrasta,
fa questa prova:
richiama il viso dell’uomo più povero, più debole che puoi aver visto
e domandati se il passo che hai in mente di fare sarà di qualche utilità per lui.
Ne otterrà qualcosa?
Gli restituirà il controllo sulla sua vita e sul suo destino?
In altre parole, condurrà all’autogoverno milioni di persone affamate nel corpo e nello Spirito?
Allora vedrai i tuoi dubbi e il tuo io dissolversi…….”

Giovanni Scifo

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