Venti anni fa veniva istituito il giorno del ricordo per commemorare la tragedia vissuta dalle popolazioni italiane dell’Istria vittima prima di episodi di violenze ed esecuzioni sommarie, veri e propri massacri, e dopo di espulsione con un esodo leggendario di decine di migliaia di persone che anche in un’Italia distrutta dalla guerra spesso non hanno trovato né comprensione né accoglienza.
Giustissimo il ricordo della sofferenza e del sacrificio di quei nostri concittadini, giustissima la condanna della violenza cui furono sottoposti, e anche dell’indifferenza quando non insofferenza con cui sono stati trattati in patria come anche giustissima la condanna e dell’oblio che quella pagina di storia ha subito.
Ogni rimozione di un pezzo di storia è un impoverimento del popolo che la pratica!
Ma bisogna stare attenti a curare tutta la memoria, e a non effettuare “selezioni” di pezzi di storia per poterla usare come una clava per fini di propaganda.
Quella infausta pagina di storia è stata il capitolo finale di una vicenda intrisa di sopraffazioni che ha percorso tutta la prima metà del secolo scorso seminando odio rispetto agli “altri” nella convinzione autoreferenziale di una presunta superiorità.
Chi si limita ad additare i partigiani “titini”, pur certamente colpevoli di violenze inaudite, e ad indicare nel comunismo (che pure nell’Europa orientale ha dato luogo a regimi totalitari ed illiberali) la causa ultima di quella pagina di storia, si limita a guardare il dito ignorando la luna.
Quel secolo e quella terra sono stati il luogo in cui i più biechi nazionalismi che hanno percorso il novecento hanno dato i frutti più evidenti, con un impressionante filo conduttore che partendo dalle violenze fasciste prima, naziste durante la guerra, e slave durante e dopo di essa hanno poi avuto un triste rigurgito negli anni novanta…
La cura di queste profonde ferite, come appunto dimostra la storia anche recente dei balcani non sta nella riproposizione delle ricette nazionalistiche in un perenne alternarsi di prevalenze, ma nell’accettazione del principio di convivenza reciproca e nel superamento dei nazionalismi.
In una parola la soluzione sta nell’Europa Unita che da oltre 70 anni garantisce pace e progresso al continente più bellicoso della storia.