In questi giorni la scena mediatica è stata dominata dalla decisione della Corte Costituzionale sulla richiesta di referendum abrogativo di “pezzi” della legge elettorale al fine di trasformarla in un sistema maggioritario puro, e dalle reazioni del partito “promotore” del referendum.
Molti hanno ritenuto eccessiva e sopra le righe il primo commento a caldo di Salvini: “ E’ una vergogna”, ed effettivamente il leader della Lega non è certo un campione di aplomb istituzionale, ma al di la delle reazioni un po’ scomposte, personalmente sono rimasto molto più colpito dalle frasi riportate dalla stampa l’indomani della pronuncia, quindi non una reazione impulsiva, ma, devo ritenere, un giudizio razionalizzato: “Un furto di democrazia. Viene deciso che non è bene che scelgano gli Italiani come eleggere i loro parlamentari, ma devono essere solo i partiti nel chiuso del palazzo a parlare di legge elettorale.”
A mio avviso, mentre e comprensibile il disappunto, soprattutto a caldo, per una decisione contraria alle proprie aspettative, risulta incredibile teorizzare che sia disdicevole che una normativa molto specialistica, dove ogni dettaglio tecnico è assolutamente significativo, sia frutto del dibattito parlamentare e venga invece ipotizzato come “democratico” che la legge elettorale possa essere frutto di una scelta manichea tra un “SI” e un “NO”.
Sia chiaro, non voglio nemmeno entrare nel merito della sentenza (di cui peraltro non essendo ancora note le motivazioni, di fatto significa discutere del nulla), ma della logica democratica sottesa alla frase di Salvini, che essendo un politico navigato (di fatto nella vita ha fatto solo politica) non può non sapere che parlare di legge elettorale maggioritaria o proporzionale è una semplificazione assolutamente insignificante, esiste una tale varietà di opzioni che rendono ogni sistema elettorale un unicum e non a caso per esempio nel caso del proporzionale si parla di sistema tedesco, spagnolo etc., con liste aperte, con liste bloccate, con o senza soglie di sbarramento e così via.
Si può anche comprendere una predilezione per i meccanismi di democrazia diretta, come attenuazione della democrazia rappresentativa, che comunque nei sistemi veramente democratici rimane la modalità principale di elaborazione delle decisioni; specialmente in argomenti dove i tecnicismi hanno un ruolo determinante, quando, come si usa dire “il diavolo si nasconde nei dettagli”.
Non è un problema di salvaguardia dell’impianto costituzionale, ma proprio di buonsenso!
La domanda sorge spontanea, fino a quale limite si può spingere un parlamentare nelle esternazioni populistiche continuando ad essere credibile?
A giudicare dall’assenza di reazioni… il limite è oramai prossimo all’infinito…