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REGIONALI…cosa ci dicono?


Dopo la sorpresa della Sardegna per il fronte progressista arriva la doccia fredda dell’Abruzzo.
Con un briciolo di ironia amara potremmo evidenziare che, per paradosso, il centrosinistra ha vinto dov’era diviso (Sardegna) e perde dove ha attuato il “campo largo” (Abruzzo), ma è evidente che è la chiave di lettura è molto più complessa.
Cominciamo con ordine: non c’è dubbio che il governo ha fatto tesoro della lezione sarda dove le schermaglie interne hanno spianato la strada agli avversari; in Abruzzo non solo hanno tenuto sotto traccia la competizione interna, ma sono corsi ai ripari anche allargando i cordoni della borsa (emblematico il rifinanziamento dell’ammodernamento della tratta ferroviaria che solo qualche mese prima era stato negato).
Il premier ha capito che il suo ruolo è quello di leader di tutta la coalizione e non solo del suo partito.
Sull’altro fronte va evidenziato a mio avviso il fatto che mentre fino a poco tempo fa neanche si poneva il problema della contendibilità della regione, grazie al “campo largo” la distanza si è assottigliata facendo correre ai ripari la maggioranza uscente.
Ma ovviamente questo non può bastare. Il “campo largo” dicono giustamente gli osservatori è “necessario ma non sufficiente” e su questi due aggettivi si deve incentrare la riflessione:
– “necessario” sembra si tratti di una evidenza, ma non è così semplice; queste elezioni hanno dimostrato che mentre l’unità delle opposizioni è apprezzata dagli elettori del PD che ha visto catalizzare un maggior consenso, la stessa cosa non si può dire degli elettori del M5S che non hanno avuto una performance particolarmente esaltante specialmente se raffrontata ai risultati delle esperienze “isolazioniste” (ma è evidente che quando si è contro il sistema è più facile catalizzare voto di protesta), risultato a mio avviso dovuto anche all’effetto di riduzione dovuto alla scelta di campo progressista rispetto all’ambiguità precedente di n on essere né di destra né di sinistra. Viene da chiedersi se Conte persevererà nella scelta di privilegiare la possibile alternativa al governo attuale o preferirà la conservazione del consenso per il proprio partito.
– “non sufficiente”: il dato dell’affluenza alle urne, poco più del 52%, ci dice che è una pia illusione quella che basti mettersi assieme (peraltro a fasi alterne) per convincere gli astensionisti a tornare a votare; ci vuole una decisione strategica e una proposta comune e convincente, condizioni di cui ancora non si vede traccia.
Nota finale: i centristi che pensavano di cannibalizzare i resti di Forza Italia sono rimasti delusi; con tutta evidenza lo spazio politico per una forza liberale nell’ambito del centrodestra c’è ed è ben presidiato… e devo dire che svolge un ruolo strategico di “assortimento” nell’ambito della coalizione rappresentando la quota sinceramente europeista.

Bancario, Giornalista Pubblicista.

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