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L’Emilia resta rossa…

Andò per suonare... - Vignetta di Giampiero Carta

Il primo risultato auspicato della domenica elettorale è che adesso finalmente ci sarà una tregua! Dopo due anni di clamore imposto, di politica urlata che ha radicalizzato il dibattito facendo passare in secondo piano la realtà rispetto alla cosiddetta “narrazione”, ciò che si spera dopo questa battuta di arresto rispetto alla “marcia trionfale” inarrestabile di Salvini è che finalmente gli animi si plachino e si torni a confrontarsi sui fatti.

Si perché a mio avviso semplicemente, in Emilia hanno vinto i fatti.

Che Bonaccini sia stato un buon amministratore in Emilia lo riconoscono tutti, non si spiega altrimenti il fatto che anche una parte degli elettori di destra ha esercitato il voto disgiunto in suo favore. I fatti hanno prevalso su una campagna elettorale che era stata trasformata in una “spallata” al governo, ma una elezione regionale deve decidere del governo di un territorio, strumentalizzarlo è una forzatura “furba” che però gli elettori non hanno seguito fino in fondo …

Per primi i cittadini di Bibbiano (una vicenda enfatizzata e politicizzata all’inverosimile proprio a partire dalla candidata Borgonzoni che al Senato si presentò con la maglietta “parliamo di Bibbiano”) si sono rifiutati di assecondare “la narrazione” tributando il 57% a Bonaccini contro il 37% alla Borgonzoni e il 40% al PD.

Ovviamente il risultato è anche il frutto di tanti attori, primi tra tutti il movimento delle Sardine che ha risvegliato la voglia di esserci del popolo progressista che aggiunto al popolo sovranista elettrizzato dalla campagna elettorale di Salvini ha portato la partecipazione al 68% contro il misero 38% delle precedenti regionali.

Trenta punti in più di democrazia!

Un attore poco osservato e, secondo me frainteso, è stato il M5S il suo risultato molto ridimensionato è frutto di due fattoti concomitanti: il primo elemento che chiamerei “errore strategico” è l’avere puntato, nella fase della richiesta del consenso, sull’assunto del superamento della dialettica destra-sinistra: gli ultimi due anni di percorso del M5S dimostrano che mentre nella captazione del consenso questo elemento di marketing ha premiato rendendo il movimento appetibile sostanzialmente a tutti, quando si è poi arrivati alla fase dell’assunzione della responsabilità di governo il giocattolo si è rotto.

L’errore strategico sta nel pensare che la fine delle ideologie cancellasse la differenza dei valori di riferimento, che invece esiste ed è chiara tanto è vero che il M5S ha perso voti a destra quando ha cercato di “moderare” le politiche sovraniste della Lega e ora rischia di perdere voti a sinistra se non fa una chiara scelta di campo progressista.

Il secondo elemento che chiamerei “errore tattico” è stato quello di impegnarsi all’ultimo momento e senza convinzione in una campagna elettorale in cui i competitor e la posta in gioco in tutta evidenza non li vedeva tra i protagonisti. Il deludente risultato (tra l’altro abbastanza “fisiologico” per il M5S che nelle competizioni regionali non è mai andato benissimo) è stato evidentemente il frutto anche di questo errore tattico, se è vero, come è vero, che oltre il fatto che la maggior parte degli elettori M5s alle europee ha votato Bonaccini (questo dicono i flussi dell’Istituto Cattaneo), il 20% di coloro che hanno votato la lista del M5S (1 elettore su 5) ha dato il voto disgiunto per il Presidente premiando quasi sempre Bonaccini che infatti è andato ben oltre la coalizione che lo sosteneva.

Ultima considerazione: il PD non si illuda, queste elezioni le ha vinte Bonaccini e la “resilienza” al sovranismo del popolo progressista (deluso e finora astensionista) e costituisce l’ultima chiamata a una profonda e vera rivisitazione del proprio ruolo sociale e della capacità osmotica con il popolo di riferimento.

Bancario, Giornalista Pubblicista.

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