Close

Biden ha vinto su Trump, ma sul trumpismo?

La campagna elettorale U.S.A. del 2020 è stata tra le più memorabili e passerà alla storia per i tanti primati: il numero degli elettori che hanno espresso il loro voto, l’età avanzata del Presidente Eletto risultato in assoluto anche il più votato della storia con oltre 75 milioni di voti, ma anche lo spoglio con più suspense.

Alla fine l’ha spuntata Joe Biden, e molti hanno esultato soprattutto in Europa e anche da noi.

Francamente, pur avendo sperato nella vittoria di Biden non condivido l’esultanza perché a mio avviso ha perso Trump, ma non il trumpismo.

Capisco che possa apparire ozioso distinguere tra Trump e il trumpismo, ma non è così, il sollievo della sconfitta dell’attuale Presidente va analizzata in modo lucido.

Nel 2016 Trump ha rappresentato la ribellione contro le elites, un fenomeno che anche noi abbiamo conosciuto; già quattro anni fa era abbastanza chiaro il personaggio e infatti il voto popolare premiò la Clinton, ma la legge elettorale ha invece incoronato Trump.

Cosa hanno rappresentato i quattro anni di gestione Trump?

L’esatto opposto del suo predecessore.

In politica estera ha agito con un pragmatismo esagerato, abbondantemente sconfinando nel cinismo: ha soffiato sul fuoco della Brexit per indebolire l’Europa, ha minacciato di depotenziare la NATO se gli alleati non avessero aumentato il contributo, ha rimesso in discussione tutti gli accordi sottoscritti dai suoi predecessori, l’accordo di Parigi sulle emissioni, l’accordo sulla riduzione dei missili, l’accordo sul nucleare con l’Iran, ha disposto l’azione militare per uccidere il generale iraniano Soleimani, ha deciso di sostenere la pretesa di Israele di considerare Gerusalemme la capitale spostando li l’ambasciata, ha di fatto abbandonato gli alleati Curdi nello scacchiere siriano…

In politica interna ha fatto di tutto per smantellare l’Obamacare, ha voluto fortemente il muro ai confini con il Messico, non ha evitato in nessun modo che si allargasse la frattura razziale conseguente all’uccisione di cittadini afroamericani da parte della polizia, ha adottato una politica di contrasto alla pandemia totalmente inadeguata etc.

In politica economica ha imposto dazi e scatenato vere e proprie guerre commerciali con Cina, Europa etc.

Agli occhi di noi esterni partendo dal suo slogan “America first” (America prima) Trump è riuscito ad ottenere “America alone and divided” (America sola e divisa).

Già questo sarebbe bastato a decretarne la debolezza elettorale, come se non bastasse, tutto questo è stato operato con uno stile ruvido quando non addirittura rozzo sia nei rapporti interni che in quelli internazionali, conditi da un atteggiamento narcisistico assolutamente stucchevole.

Adesso proviamo a leggere sulla base di tutto questo i risultati elettorali: ci si aspettava una sconfitta cocente e siamo arrivati sul filo di lana, appesi ai voti postali in 5 stati, e questo nonostante Biden ha visto crescere i voti democratici rispetto a 4 anni fa di ben 11 milioni (!), questo perché (e questo deve indurci a riflettere) Trump ha aumentato rispetto a 4 anni fa i suoi voti di quasi 9 milioni, pari al 14,25% di voti in più!

E’ vero, il protezionismo economico ha favorito l’economia interna (anche se in una prospettiva di breve termine), le politiche sull’immigrazione hanno presa facile sulle paure delle fasce deboli, il disimpegno in politica estera ha fatto rientrare in patria tanti militari ma, a quale prezzo? Di fatto l’abbandono dello scacchiere internazionale alla mercè di Russia e Turchia, lo sfilacciamento dei rapporti con l’Europa e l’aumento delle fibrillazioni in medio oriente.

Ma alla base dell’incremento elettorale c’è anche il fatto che ancora una volta il voto democratico continua ad essere percepito come voto d’elite.

Tutto questo mi induce a pensare che se le stesse politiche di Trump le avesse attuate un leader con un atteggiamento più sobrio, più difendibile nello stile, oggi gli USA non sarebbero tornati a guida democratica.

Per i democratici non è certo periodo di dormire sugli allori!

Rattrista comunque il pensiero che i cittadini della prima potenza mondiale si siano rinchiusi entro la grettezza dei propri confini individuali e nazionali!

L’Europa che giustamente festeggia la vittoria di Trump non si illuda che possa continuare a godere dell’ombrello militare e politico del passato, è tempo di cominciare a sviluppare organismi unici europei che ci rendano autonomi e autorevoli in campo internazionale.

Vito Piruzza

Bancario, Giornalista Pubblicista.

scroll to top