La visione della morte diffusa che ha regnato a Verdun, atroce campo di battaglia della grande guerra, porta Erich Mosse, scrittore e psichiatra ebreo, ad esclamare in un suo scritto: “Qui divampava la morte…, qui giacciono tedeschi e giacciono francesi, niente guerra, qui giacciono esseri umani, non ci sono nemici, non ci sono Stati, non ci sono destini, né differenze, né ufficiali, né ricchi, né operai e gente comune: noi siamo nudi, nudi, noi siamo essere nudi e mortali”.
Certo la morte fa sparire tutte le differenze, rivelando l’assoluta eguaglianza fra gli uomini. Ma l’uomo nudo, spogliato dalle variegate determinazioni prodotte dagli eventi e dalla cultura, guardato dal punto di vista della vita, rappresenta l’ambito fondativo del valore dell’umano in quanto rappresenta l’originaria uguaglianza tra tutti gli uomini. Appartengono ad essi, a prescindere dalle particolari caratterizzazioni che danno loro una concreta fisionomia, identici valori, appunto originari, da riconoscere, rispettare, tutelare e valorizzare. Esemplare è in questo senso la testimonianza di Etty Hillesum, intellettuale ebrea morta nel 1943 ad Auschwitz, riferita alla sua condizione di donna, ma con una portata esplicativa più ampia. Afferma la Hillesum nel suo diario: “La sostanziale emancipazione femminile deve ancora cominciare… Dobbiamo ancora nascere come persone”. E nascere come persone significa per lei “realizzare la pienezza della propria umanità, che si pone sempre su un piano più alto e comprensivo della differenza tra maschi e femmine, tra uomini e donne… I miei sentimenti in quanto essere umano sono più forti e molto più primigeni rispetto ai miei sentimenti in quanto donna”. Ed è a questa nudità dell’uomo, fonte dei suoi autentici valori, che occorre fare riferimento per comprendere pienamente l’atrocità di quel che è accaduto e sta accadendo in Palestina. L’atrocità dell’assolutamente ingiustificato attacco di Hamas che ha causato vittime innocenti israeliane (anche le legittime aspirazioni dei palestinesi richiedono altri tipi di rivendicazione), l’atrocità della reazione del tutto sproporzionata del governo israeliano che continua a produrre molte vittime innocenti anche tra bambini e giovani a cui viene soppresso il futuro, per non parlare della devastazione del territorio di Gaza ( si vuole forse continuare a decimare la popolazione civile, visto che i combattenti di Hamas pare, secondo il governo israelita, che si facciano scudo della popolazione civile e vanno integralmente eliminati?). Si tratta di vittime ingiustificate da accomunare, evitando di scandalizzarsi per l’accostamento, a tutte le vittime della Shoah, comprensive anche di non ebrei. Come dice Elly Hillesum, la pienezza dell’essere umano è più forte delle differenze, e tra i morti che disseminavano Verdun non esisteva differenza tra francesi e tedeschi. Quindi, tra il bambino ebreo innocente ucciso nella camera a gas e il bambino palestinese innocente ucciso da una bomba israeliana non c’è differenza. Non solo, perché le atrocità di cui si sta parlando sono del tutto e maggiormente incompatibili con un’importante corrente dell’ebraismo, il quale non è mai stato costituto da un blocco monolitico. Già il discorso che si sta facendo è stato non a caso introdotto dalle citazioni di due moderni ebrei. Ma è necessario menzionare l’ebreo antico, pioniere di una posizione di fronte alla condizione umana che ha anticipato la sostanza del migliore pensiero sulla dignità di ogni uomo, ebreo e non ebreo, che si è manifestato anche a distanza di molti secoli. Ci si riferisce ad Isaia, vissuto nell’VIII° sec. a.C. nell’antico regno di Giuda. Isaia si pose come antagonista radicale della politica e della religiosità allora dominanti nel regno di Giuda. “Popolo mio le tue guide ti traviano, distruggono la strada che tu percorri” è il grido che mette sulla bocca di Dio, il quale aggiunge:” Voi avete devastato la vigna, le cose che avete tolto ai poveri sono nelle vostre case. Quale diritto avete di opprimere il mio popolo, di pestare la faccia ai poveri?”. La fisionomia di questo Dio stravolge, capovolgendole, tutte le concezioni politiche e religiose create dagli uomini. Lui è il potente che non chiede nulla per sé, dichiarando la sua avversione per gli atti di culto e i sacrifici; che si preoccupa esclusivamente della condizione e delle aspirazioni degli emarginati, suoi prediletti, contrapposti all’alterigia e all’arroganza di chi sta in alto. Lui finisce di essere il dio nazionalista che guida con le armi il proprio popolo contro altri popoli:” Il Signore degli eserciti preparerà su questo monte un banchetto di grasse vivande per tutti i popoli”. E ancora “Benedetto sia l’Egiziano mio popolo, l’Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità”. Ma all’interno di questa logica c’è di più. Infatti Isaia, a seguito della devastazione del popolo moabita da parte degli Assiri, malgrado la tradizionale inimicizia tra moabiti e israeliani, chiede al re Ezechia di accogliere i fuggiaschi di Moab: “Come un uccello fuggiasco, come una nidiata dispersa saranno le figlie di Moab, nascondi i dispersi, non tradire i fuggiaschi. Siano tuoi ospiti i dispersi di Moab, sii il loro rifugio di fronte al devastatore”. Al cospetto di una simile posizione, molto audace, tenendo conto dei tempi, non si può non ricordare con raccapriccio la rivendicazione, da parte di una Meloni e di un Savini, di una pretesa nobile funzione di difesa o salvaguardia dei confini della nazione di fronte a un pugno di inermi, sofferenti, nudi uomini sul precipizio della morte. A questo punto è necessario mettere in evidenza quello che è un fondamento essenziale del pensiero e dell’opera di Isaia. Si tratta della pari dignità, dell’uguaglianza di tutti gli uomini che escono uguali dalle mani di Dio, prima che le storie individuali e collettive producano diversità e differenze. È questa uguaglianza primordiale che spiega la condanna da parte del profeta delle egemonie di ogni natura (politico-economica e religiosa), che spiega l’aspirazione a una pace totale che coinvolga anche la natura, che spiega l’esaltazione della fratellanza e la predilezione per il bene comune di tutta l’umanità. La posizione di Isaia ebbe un seguito. A distanza di alcuni secoli venne il turno di un altro ebreo, Gesù (non a caso ucciso con la complicità del potere politico-religioso ebraico e stravolto da un certo tipo di cristianesimo successivo), di riproporre con forza la strada indicata da Isaia e a dichiarare che lui era venuto per dare compimento a ciò che Isaia aveva affermato e promesso. Un ultimo accenno non può non essere fatto ad un altro possessore della visione dell’antico profeta. Ci si riferisce al grande mistico cristiano Meister Eckart. Afferma splendidamente Eckart: “È per Dio grande gioia quando egli trova l’uguaglianza… giacché Egli è l’uguaglianza stessa… La più grande felicità in cielo e in terra sta nell’uguaglianza. Ciò che la natura divina realizza nella parte più alta dell’anima è l’uguaglianza. Nessun uomo può seguire assolutamente Dio se non ha in sé un’uguaglianza con Dio”. Esiste forse una qualche consonanza tra gli ebrei che stanno governando oggi Israele e l’ebreo Isaia e gli ebrei che si sono posti sulla sua scia?
La nudità dell’uomo con i suoi valori fondamentali dell’umano, nudità sulla quale si sono fatte alcune considerazioni, richiede che nell’attuale dirompente situazione vengano intraprese nuove strade: intanto la crescita e maggiore diffusione della consapevolezza della centralità della costitutiva unità del genere umano e della priorità di essa rispetto alle molteplici diversità create successivamente dalle storie individuali e collettive. La molteplicità del diverso può costituire una ricchezza per l’umanità ove si riconosca la sua dipendenza dall’originaria unità (le diversità accettabili devono essere compatibili con l’uguaglianza universale). Le diversità, considerate in sé stesse e vissute come idoli, possono essere causa di divisioni, conflitti, guerre, disparità di diritti e doveri, ecc. A livello popolare, poi, è auspicabile un incremento ovunque delle manifestazioni in difesa della vita, per fare cessare ciò che la distrugge. A livello di coloro che nel mondo hanno responsabilità politico-governative, andando molto oltre le formulette recitate per darsi una maschera perbenista di apertura e moderazione (ad es. due popoli e due stati), è auspicabile un impegno molto intenso per fare cessare l’eccidio soprattutto di innocenti e la estensione della guerra ad altre regioni del medio-oriente (l’intimidazione devastatrice che colpisce ora anche il Libano già con un significativo numero di vittime civili). Per quanto riguarda politici e governanti italiani, poi, non ci si scordi che è ancora in vigore nella Costituzione italiana l’art. 3 che contempla la tutela di quei valori umani universali di cui si è parlato. Continuare ad assumere posizioni blande e ambigue rende complici della incessante perdita di vite di tanta povera gente. Infine qualche auspicio riguarda proprio gli ebrei. Tra la popolazione ebraica di tutto il mondo deve accrescersi la consapevolezza che nella loro cultura esiste un ricchissimo patrimonio di esaltazione dei valori umani universali, cui si è fatto cenno. Ciò rafforzerebbe l’azione democratica in Israele degli oppositori dell’attuale governo di destra e offrirebbe validi elementi per discernere pensieri e azioni veramente antisemiti da quelli che non lo sono affatto, ma che un’interessata propaganda spaccia come tali. In proposito è valido o meno quello che Netanyahu ha dichiarato all’O.N.U.: “L’O.N.U. è una palude dell’antisemitismo”? È, quindi, corretto sostenere che le varie critiche mosse ad Israele sono espressioni sempre di antisemitismo? E se è antisemitismo, cioè odio verso l’ebreo, anche il criticare l’assoluta sproporzione della risposta ad Hamas, allora la protesta finalizzata alla tutela di vite umane innocenti esprimerebbe la pulsione a odiare l’ebreo e magari ad ucciderlo? E se l’O.N.U. è impregnata di antisemitismo allora Israele può disattendere le deliberazioni che lo riguardano, come del resto alcune volte ha fatto anche in passato? Su che cosa viene fondata questa pretesa di speciale immunità (tutto ciò che proviene da Israele è indiscutibile)?
Forse Il mostruoso antisemitismo che stava alla base dell’Olocausto giustificherebbe qualsiasi azione che dopo di esso sia stata intrapresa o possa essere intrapresa dai rappresentanti ufficiali dello Stato di Israele? Il comportamento del governo israeliano, bellicista ad oltranza, non sta forse anche offrendo ai veri antisemiti il pretesto e l’opportunità di agire con atti più o meno violenti, decisamente da condannare e impedire, nei confronti di ebrei?
Ma, oltre alle risposte corrette che vanno date alle molte domande suscitate dall’attuale conflitto palestinese-israeliano, in conclusione, si impone il deciso auspicio che in futuro l’uomo nudo riveli l’uguaglianza tra gli uomini non al momento della morte, soprattutto di quella morte visibile sui terreni delle guerre, ma nelle relazioni tra gli uomini, tra i popoli e tra le nazioni.