Close

Scuola e pandemia

La pandemia di coronavirus ha sconvolto la nostra società e naturalmente anche uno dei suoi settori più importanti, quello della scuola.

Ormai quest’anno scolastico si chiuderà inesorabilmente così: con buona pace della ministra, gli alunni non rientreranno più nelle aule, tutti saranno promossi, si darà vita ad una parvenza di esami di stato per i maturandi con un colloquio, non si sa bene se in presenza o in video, e per gli studenti di terza media con una valutazione finale del Consiglio di classe, supportata da una provvidenziale “tesina”, che in caso di esami in Italia fa sempre da magnifica coreografia.

Al di là delle critiche facili che possono essere avanzate, davanti ad un’emergenza imprevista e imprevedibile, il sistema scolastico italiano forse non poteva fare di più.

Tuttavia alcune osservazioni vanno fatte.

La scuola italiana da tempo immemorabile si basa esclusivamente sulla lezione frontale, in classe e rigidamente in presenza. L’attività laboratoriale, nonostante le dichiarazioni entusiastiche, è una pratica marginale della didattica e dell’apprendimento. L’insegnamento individualizzato resta una chimera: viene più o meno somministrata a tutti, bravi o meno bravi, la stessa minestra. Il recupero delle carenze non è facile, i debiti troppo spesso permangono e si accumulano.

La scuola fatica a valorizzare le vocazioni personali, gli interessi e gli stili di apprendimento individuali e a favorire l’acquisizione di competenze. Gli ausili elettronici, i computer, le lim, i tablet, le aule informatiche non hanno costituito un’alternativa valida, ma sono rimasti un semplice supporto ad una didattica tradizionale, basata essenzialmente sulla trasmissione di nozioni. Che oggi, più che mai, non interpreta il ruolo fondante della scuola e la sua ragion d’essere.

Poteva dunque improvvisamente e in tutta fretta il coronavirus e la chiusura delle aule innescare un processo virtuoso ed efficace di didattica a distanza? Gli alunni sono stati impegnati a fare i compiti a casa, con gli aiuti che hanno potuto avere, e a restituirli ai loro insegnanti: niente o poco di più.

Ma ora, forti di questa esperienza e costretti malgrado tutto a prendere atto dei nostri limiti, dovremmo con più determinazione e lungimiranza pensare al futuro che già, a mio avviso, bussa alle porte.

Si tratta di rivedere tanti aspetti di natura strutturale, ordinamentale, finanziario, con cui ci scontreremo a settembre quando, si spera, le scuole riapriranno i battenti.

Come si attuerà l’ormai famoso “distanziamento sociale” nelle nostre anguste classi, in cui stanno da 25 a 30 alunni? Dimezzare almeno il numero degli alunni per classe significa per conseguenza duplicare il numero delle classi e per conseguenza ancora aumentare il numero degli insegnanti con un conseguente investimento finanziario. Ammesso poi che questa operazione sia compatibile con il patrimonio immobiliare scolastico esistente !

Dovrà essere rivista la stessa vita scolastica: l’ingresso a scuola e l’uscita, lo svolgimento della “ricreazione”, le ore di educazione fisica in palestra, i ricevimenti dei genitori, lo svolgimento delle assemblee, la mensa, i rientri pomeridiani, il tempo pieno, ecc., ecc. Bisognerà necessariamente prevedere lo scaglionamento dei trasporti da e per la scuola per evitare assembramenti.

Infine dovrà necessariamente essere programmato un piano nazionale di aggiornamento e formazione per tutti gli insegnanti sull’innovazione didattica e metodologica, che contempli soprattutto la didattica a distanza, tenendo presente in ogni caso che il 33,8% delle famiglie italiane non ha un computer o un tablet e che al sud tale percentuale sale al 41%.

Potrei continuare per molto ancora, ma il concetto fondamentale che vorrei esprimere è questo: settembre non è molto lontano e probabilmente avremo ancora a che fare con il coronavirus; per non essere sempre colti dall’emergenza e poter tornare comunque ad una nuova normalità, è importante programmare con attenzione in una visione strategica duratura una scuola più adatta alle esigenze dei ragazzi e dei tempi.

Gaetano Lo Monaco

scroll to top