Close

Ritorno alla normalità

Grazie all’accelerazione delle vaccinazioni, se Dio vorrà, tra non molto saremo tutti più tranquilli e, dopo i contagi, le restrizioni, le chiusure, i divieti, gli isolamenti, le preoccupazioni, i lutti, che hanno sconvolto la nostra nazione e il resto del pianeta, potremo tornare alla “normalità”.

Ma fatta questa considerazione abbastanza scontata, mi si è affacciata alla mente una riflessione ben più seria e profonda: a quale normalità ci riferiamo?

La pandemia e la crisi ad essa legata ci hanno chiaramente mostrato tutti i limiti, i rischi e le anomalie del nostro solito agire “normale”. Una società capitalistica, come la nostra, fondata sulla disuguaglianza ha permesso ai più ricchi, proprio grazie alla pandemia, di aumentare la loro ricchezza del 28,7%.

Jeff Bezos potrebbe pagare un bonus di 105.000 dollari a ciascuno dei suoi 875.000 dipendenti di Amazon senza intaccare i suoi beni. I poveri sono diventati più poveri! A febbraio, secondo l’Oms e l’Unicef, le dosi dei vaccini somministrate erano andate ai 10 paesi più ricchi del mondo, mentre 130 paesi non avevano ricevuto neppure una dose.

Dal 2019 al 2020 le persone esposte a crisi alimentare di carattere temporaneo sono raddoppiate: da 135 milioni a 271 milioni, aggiungendosi agli 820 milioni che soffrono in modo cronico la fame. I paesi più poveri del mondo, che sopravvivevano con i trasferimenti in denaro inviati dagli emigranti alle famiglie d’origine, hanno visto crollare ancora di più la loro economia. E se Il Covid-19 ha creato una così pesante crisi economica, per una sorta di circolo perverso, la crisi economica ha e avrà sulla salute conseguenze ancora più gravi, quanto più precarie erano le condizioni iniziali delle nazioni e dei loro singoli cittadini. Chi stava dunque peggio starà ancora peggio.

Sul piano dei comportamenti sociali ci siamo accorti delle incongruenze e delle assurdità, che ci portano ad assembramenti biblici. Ha ancora senso costruire, per esempio, degli stadi faraonici per 80 /100.000 spettatori? Permettere adunanze, feste, riunioni con folle oceaniche, che più di una volta si sono rivelate catastrofi con numerose vittime? E che costituiscono un costo sociale elevatissimo di gestione, di conduzione e di pulizia? Consentire che sui mezzi pubblici si affollino i passeggeri senza ordine né criterio? Ammassarsi sui corsi cittadini a calcare e ricalcare l’asfalto, senza sentire invece prepotente il desiderio di riscoprire e frequentare la natura e gli splendidi paesaggi italiani? E in nome del diritto alla “libertà” e del proprio personale benessere, divertirsi o svagarsi senza rispettare regole e norme? Il contatto personale, intimo, empatico con gli altri, che ci è mancato durante la pandemia, non è più coinvolgente e profondo degli assembramenti confusi e chiassosi esplosi subito dopo i lockdown ?

Nei mesi di chiusura forzata in casa abbiamo imparato a gestirci con più sobrietà, abbiamo forse preso coscienza dei consumi smodati del nostro agire quotidiano, che portando inevitabilmente a degli enormi sprechi gridano vendetta nei confronti di chi ha poco o niente. Saremo più parsimoniosi, più consapevoli che oggi stiamo consumando l’equivalente di quasi due Terre?

E’ vero: il nostro futuro dipende dalle scelte dei politici e dei grandi del mondo, ma anche molto da quello che riusciremo a fare noi nella nostra vita di ogni giorno. Pensando magari che 789 milioni di persone – dati del 2018 – non hanno accesso all’energia elettrica e che senza di essa non si può estrarre, purificare e distribuire l’acqua, potremmo moderare il consumo dell’energia e dell’acqua; inoltre, potremmo usare meno l’auto, preferire una dieta vegetariana e mediterranea, ridurre drasticamente l’uso e il consumo di plastica, preferire i cibi non lavorati. E l’elenco potrebbe essere ancora più lungo e rilevante!

Riusciremo a far diventare nostra abitudine il motto: “Riduci, Riusa, Riutilizza”?

So che non tutti saranno d’accordo con me, anche perché dietro questi aspetti così semplicemente tratteggiati ci sono abitudini inveterate ed una cultura diffusa, non facile da modificare; e non vorrei del resto fare la figura dell’utopista o del brontolone inconcludente. Il mondo va come va e le modifiche ai comportamenti e alle convinzioni sono lente e difficili; gli interessi economici e il denaro, poi, predominano su tutto e su tutti.

Ma, io, con ostinazione, spero che torneremo ad una normalità diversa, più consapevole e virtuosa, più rispettosa degli altri, più solidale verso chi ha bisogno, più equa e giusta.

I Romani, che di sentenze se ne intendevano, affermavano: “Quidquid agis, prudenter agas et respice finem”,  “qualunque cosa tu faccia, falla saggiamente e bada a come finirà”.

Tanino Lo Monaco

scroll to top