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Attualità della lezione di Don Milani

Le idee di Don Milani, a cento anni dalla sua nascita, hanno una funzione propositiva, perché non riguardano solo il passato, ma  danno un senso all’oggi,  e ci aiutano a comprendere alcune azioni a cui la scuola e la società  non  possono sottrarsi.

Don Milani a livello storico  ha lasciato il segno sia a livello scolastico, che a livello  politico e religioso.

Don Milani nella scuola di Barbiana ha avuto delle intuizioni e ha applicato principi pedagogici, psicologici, sociologici, antropologici e didattici, ricavabili dai suoi scritti.  

Per quanto riguarda la scuola necessita oggi “reinventare” il pensiero di Don Milani, non riproporre gli stessi schemi, in quanto il CONTESTO è cambiato e lui stesso diceva “essere fedeli ad un morto è la peggiore infedeltà”.

Contestualizzazione della figura di Don Milani

Don Milani nacque il 27 maggio 1923 a Firenze da una famiglia ricca e colta,  e morì nel 1967. 

Il ramo paterno apparteneva all’alta borghesia fiorentina, quello materno discendeva dal mondo intellettuale ebraico russo e mitteleuropeo. Lui si sentiva  profondamente colpevole della ricchezza e della cultura della sua famiglia e della società: odiava la borghesia. 

La sua vocazione religiosa si rivelò tardi, contro il parere della famiglia, diventando sacerdote nel 1947 e fu nominato  cappellano a San Donato di Calenzano. Ciò che lo colpì fin dal suo arrivo fu l’impossibilità di predicare il Vangelo ai parrocchiani perché essi non capivano cosa dicesse. Don Milani pensò di creare  le condizioni per un ascolto pieno e consapevole di quelle parole. Egli capì che se i suoi parrocchiani non possedevano la parola, non sarebbero mai riusciti a vincere con i padroni … “Povero davvero è chi non sa parlare . Bisogna insegnare a parlare e ci vuole la scuola”. Egli ha colto la potenza della parola e ne ha compreso il valore pedagogico.Perché è solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi”.

E così per insegnare a parlare organizzò la scuola serale popolare. 

Don Milani diceva che le ingiustizie avevano cause sociali, culturali e politiche chiaramente individuabili e anche modificabili: “è nella conoscenza e nella cultura che ripongo la mia fiducia”, ma  la scuola ufficiale veniva denunciata come fattore di riproduzione delle ingiustizie sociali. “La scuola è tagliata su misura dei ricchi, di quelli che la cultura l’hanno in casa e vanno a scuola solo per mietere diplomi”, “la scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde”.

 Per queste sue idee rivoluzionarie per le gerarchie ecclesiastiche del tempo  nel 1954 fu mandato a BARBIANA dal Cardinale Florituna punizione da parte della Chiesa, che Don Milani accettò. (Le idee di Don Milani  di fatto anticipavano il Concilio Vaticano II : una Chiesa povera dalla parte dei poveri).

Barbiana era una realtà particolare, poche case con montanari.  Il Priore fu molto attento verso i suoi parrocchiani e i ragazzi, li andava a trovare e a cercare casa per casa. L’attenzione era la qualità del lavoro di Lorenzo Milani che sarebbe importante ispirasse ancora oggi tutte le persone  che operano in campo educativo. 

BARBIANA diventò una “scuola” e uno spazio collettivo di elaborazione culturale.

In Italia, intanto,  negli anni 50-60 vi erano state delle trasformazioni epocali:  

  • il boom economico dopo il dopoguerra;
  • lo sviluppo industriale al Nord;
  • l’emigrazione interna;
  • la guerra fredda;
  • il passaggio da una società contadina a quella industriale e dei consumi.
  • a livello religioso dal 1962 al 1965 vi era stato il Concilio Vaticano II con le sue idee rivoluzionarie e nel marzo del 1967 Paolo VI firmava la “Populorum Progressio
  • l’anno successivo iniziarono  le  rivolte studentesche e le conquiste successive a livello sociale. 
  • a livello scolastico in quegli anni vi erano le esperienze innovative di Danilo Dolci, di Mario Lodi e  di Barbiana.

Nonostante ciò Don Milani  era preoccupato della società che si stava formando, non all’altezza della Resistenza, della Costituzione, della democrazia, dove la società e la scuola  continuavano a selezionava  gli ultimi, che continuavano ad essere tali, mentre gli egoismi e gli interessi particolari uccidevano la solidarietà, l’uguaglianza, il dono, l’amore per il prossimo. (questa era la sua CONCEZIONE  POLITICA) 

In questo contesto nel 1967 Don Milani pubblicò “LETTERA A UNA PROFESSORESSA”,  atto di accusa da parte dei figli dei contadini e montanari contro “la scuola di classe fatta a misura dei borghesi”.

La Lettera era indirizzata  ad una professoressa, dipinta come “un essere senza testa né cuore  né occhi né passione, serva sciocca del potere, nemica dei poveri”. 

In realtà con quell’atto di accusa si riconosceva che la qualità della scuola dipendeva dagli insegnanti. 

La Lettera era una riflessione stimolante per chi non voleva ripetere i modelli tradizionali o essere esecutore di un sistema accentratore, incapace di soddisfare il dettato costituzionale. Riflessione pienamente attuale ancora oggi. La Lettera era un’accusa ad una scuola che respingeva, che bocciava, che escludeva. Con la professoressa che bocciava e che escludeva sta anche chi oggi difende la scuola del merito,  chi ignora modalità, mezzi e strumenti da utilizzare per fare in modo che anche i “Gianni” possano “meritare”.

 “Voi dite di aver bocciato i cretini e gli svogliati. Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. È più facile che i dispettosi siate voi” .

Il priore dava uno schiaffo violento al conformismo pedagogico e sociale, metteva in discussione l’idea che il successo formativo a scuola dipendesse dal merito, dalle doti personali, dall’impegno.  

Gli ultimi, i respinti, gli esclusi, se trattati diversamente, potevano avere successo nell’apprendimento e nella vita come uomini e come cittadini. 

Quali principi sono validi anche oggi?

  1. Don Milani difendeva la FUNZIONE EGALITARIA della scuola e accusava la scuola selettiva.

La sua invettiva è quanto mai attuale perché il nostro sistema scolastico è ancora selettivo:

A livello SOCIALE, poiché il retroterra socio-economico e culturale dello studente rappresenta ancora una forte discriminante sia per l’accesso che per il successo formativo. 

A livello TERRITORIALE, perché frequentare una scuola al Nord, a parità di condizioni sociali, offre un considerevole vantaggio rispetto a una scuola del centro (34 punti in più alle prove OCSE-PISA) e lo scarto diventa ancora più rilevante rispetto a una scuola del Sud (68 punti in meno).

A livello ETNICO, perché conserva le disuguaglianze etniche.

  1. IMPORTANZA DELLA LINGUA: Alla padronanza della lingua don Milani assegnava la funzione democratica di uguaglianza sociale in quanto strumento di decondizionamento che consisteva nel ridare la parola ai parlanti e specialmente a quelli delle classi subalterne. Conferme si trovano oggi nella psicolinguistica e nella socio-linguistica e nelle INDICAZIONI PER IL CURRICOLO 2012, documento ministeriale fondamentale per la scuola. 
  1. LA DIFESA DELLA DIVERSITÀ 

In questo concetto milaniano è racchiuso tutto il cammino normativo che la scuola ha compiuto sull’inclusione: dalla legge 517 del 1977 al concetto di alunni con Difficoltà Specifiche di Apprendimento (DSA), fino alla recente normativa che ha introdotto il nuovo PEI (D.I. 182/2020).

Tutte le procedure devono essere finalizzate a sviluppare doti, talenti e libertà individuali fino a cercare di far raggiungere gli stessi risultati di apprendimento a tutti gli alunni attraverso percorsi diversificati. Scuola di tutti.L’ingiustizia più grande consiste nel fare parti uguali fra disuguali”. Tali concetti trovano riscontro nelle INDICAZIONI 2012 quando si parla di scuola inclusiva.

Ciò vuol dire conoscere l’alunno. Don Milani conosceva ogni suo alunno, la sua storia personale, il suo vissuto e i suoi bisogni. Se gli alunni sono tutti diversi, bisogna conoscere l’Identità Competente  individuale di ciascuno, il suo profilo pedagogico. Un alunno non ha insuccesso perché demotivato, ma è demotivato perché ha insuccesso. La conoscenza e l’ attenzione all’alunno sono  prerogative di Don Milani: “I CARE” (concetto fondamentale anche oggi per tutti gli ordini di scuola): , “io avrò cura di te” “puoi contare su di me”, non lasciare nessuno indietro.  “I care” diventa allora un sinonimo  da cui nasce l’empatia fra docente/discente e il rapporto di fiducia che rappresenta la prima motivazione ad apprendere. 

La cura educativa è un dispositivo pedagogico  previsto anche dalla Comunità Europea  (Raccomandazione Consiglio UE del 22 maggio 2019).

  • la RECIPROCITA’ALUNNO-INSEGNANTE; ALUNNO-ALUNNO

 Don Milani assumeva la reciprocità come fondamento dell’esperienza educativa. 

I principi del dialogo e della collaborazione, principi fondamentali anche oggi, si applicavano a Barbiana non solo tra maestro e allievo, ma anche tra gli stessi allievi. Scrivere in squadra  è uno stile ottenuto con un lungo lavoro” “tecnica piccina”, diceva il priore.(questo stile il priore lo aveva appreso da Mario Lodi, maestro elementare del Movimento Cooperazione Educativa).

Questa pratica didattica attuata da don Milani ha anticipato tutte le strategie  che oggi vengono consigliate per facilitare e innalzare la qualità degli apprendimenti: tutoring, cooperative learning, community learning, peer education … La didattica laboratoriale, infatti,  è una pratica raccomandata fortemente dalle INDICAZIONI PER IL CURRICOLO 2012: “Imparare non è solo un processo individuale. La dimensione sociale dell’apprendimento svolge un ruolo significativo”.

  • L’ESPERIENZA COME FONTE DI APPRENDIMENTO.

A Barbiana l’apprendimento prendeva spunto da fatti concreti e da esperienze vissute dai ragazzi,  anche attraverso la lettura del giornale e della corrispondenza. A Barbiana si imparava in modo attivo e produttivo: bisognava superare una scuola che si affidava al nozionismo e alla trasmissione di conoscenze.

La centratura sull’apprendimento attraverso il fare è di estrema attualità: oggi  nelle INDICAZIONI PER IL CURRICOLO 2012  si parla di didattica esperienziale.

  • UN TEMPO LUNGO PER COLMARE LE DISTANZE CULTURALI

Il segreto della scuola di Barbiana stava nel lunghissimo tempo dedicato alla ricerca comune e all’apprendimento: 365 giorni e 10 ore al giorno.

OGGI si parla di alleanze e patti educativi di territorio tra diversi soggetti: Enti Locali,  volontariato educativo, associazioni del terzo settore … in grado di sostenere la scuola prolungando e ampliando l’offerta formativa oltre l’orario e oltre i muri della scuola, co-progettando azioni stabili di miglioramento in un’area territoriale.

  • RUOLO DELL’INSEGNANTE:  

Don Milani chiamava l’insegnante “profeta”, egli “deve essere innamorato del suo lavoro, perché è innamorato dei suoi ragazzi.”  “andreste a cercarlo a casa se non torna, non vi dareste pace perché la scuola che perde Gianni non è degna di essere chiamata scuola”. 

Egli sosteneva che l’insegnante doveva rendere visibile agli alunni il piacere di insegnare, perché un maestro non trasmette solo dei saperi, trasmette il suo rapporto con i saperi. 

Questi concetti sono estremamente validi oggi, dove l’insegnante di ogni ordine di scuola deve essere un modello, avere cura, incoraggiare, sostenere, essere tutor dei propri alunni e studenti.

CONCLUSIONE

Molte delle indicazioni della ricerca psico-pedagogica, delle neuroscienze e dei più aggiornati studi sull’educazione e sui complessi  problemi sociali a cui la contemporaneità ci espone rimandano al modo di pensare e di fare scuola e agli obiettivi formativi di Don Milani. 

Un ringraziamento al priore di Barbiana per avercelo ricordato!

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