In occasione della sua venuta a Ragusa abbiamo avuto la possibilità di intervistare il Prof. Carlo Cottarelli docente di Economia e Direttore dell’Osservatorio dei Conti Pubblici presso l’Università Cattolica di Milano.
- Incombono le elezioni europee. Purtroppo sembra prevalere in molta parte del nostro corpo elettorale un pregiudizio sul fatto che l’Europa sia solo un appesantimento dell’economia, perché ci costringe a politiche restrittive, gli agricoltori protestano contro l’Europa. Secondo lei il rapporto costi-benefici dell’Europa in che termini si pone?
Credo che se non c’è un rafforzamento anzi delle istituzioni europee rischiamo l’irrilevanza a livello mondiale perché in un mondo globalizzato in cui dominano le grandi potenze come gli Stati Uniti, la Cina e in futuro anche l’India, se l’Europa si presenta frammentata non conta niente.
Alcuni problemi che adesso viviamo sono proprio dovuti al fatto che le istituzioni europee non sono abbastanza forti. Prendiamo il bilancio europeo, il bilancio europeo ha dimensioni piccolissime, vale l’1% del PIL, c’è una incoerenza qui tra un potere di regolamentazione che a livello europeo è abbastanza forte e un potere invece di finanziamento delle spese che sarebbero necessarie per rendere le nuove regole più facilmente assorbibili che manca. Prendiamo il caso appunto dei vincoli che vengono messi nel settore agricolo, ma prendiamo un esempio ancora più attuale quello della regolamentazione sulle case o sulle automobili. Queste cose comportano dei costi di adeguamento. L’Europa, il Parlamento europeo e il Consiglio europeo fanno regole che valgono per tutta l’Europa, però poi i costi devono essere sostenuti dai singoli stati.
Se ci fosse un bilancio europeo di maggiori dimensioni, non l’1% del PIL com’è attualmente, ma il 7-8% del PIL, si potrebbero prendere a tempo stesso decisioni di regolamentazione e decisioni per il finanziamento della transizione. Naturalmente questa differenza tra potere di regolamentazione che è forte e potere di finanziamento che è bassissimo può essere risolta riducendo i poteri di regolamentazione dell’Europa, ma a questo punto, come dico, rischieremmo di diventare irrilevanti nel mondo perché rimarremmo sempre più divisi.
- Lei è d’accordo con Letta che ha dichiarato ultimamente meno direttive e più regolamenti?
Beh, questo sì, però insomma questa è una finezza diciamo, nel senso che la legislazione europea è fatta di regolamenti e di direttive.
Il regolamento ha un vantaggio, che c’è un impatto diretto e immediato. La direttiva richiede un passaggio a livello nazionale che da maggiore senso di proprietà, ownership dei provvedimenti, però con il rischio che poi le cose non vengano fatte. La Bolkenstein (la direttiva che prevede la messa in gara delle concessioni demaniali marittime n.d.r. ) è un buon esempio, quindi c’è un trade off. Se ha detto che vuole più regolamenti, in questo caso ci sarebbe un impatto più diretto.
- Cosa pensa della possibilità di creare più debito pubblico europeo?
Se viene ridotta la possibilità di creare meno debito pubblico a livello nazionale, va bene, altrimenti diventa tutto un aumento del debito pubblico. Finanziare nuova spesa a livello che si accentra sì, ma il livello di debito pubblico e di deficit pubblico a livello europeo dipende da quanta spinta macroeconomica si vuole dare e dalla sostenibilità del debito pubblico.
C’è poco o troppo debito in Europa, allora facciamo più debito. Ma altrimenti avere più debito a livello centrale dovrebbe voler dire avere meno debito a livello nazionale. Non vedo il motivo per aumentare il debito a livello europeo, tranne se lo si deve fare per progetti di investimento.
Per esempio, io posso pensare a più debito europeo per progetti di investimento, di innovazione, eccetera. però per esempio per la spesa militare, quella è spesa corrente perché dovrebbe essere finanziata con debito, abbiamo maggior bisogno di spesa militare, paghiamo con più tasse, è sempre più facile far passare nuove spese se le presenti come finanziate facendo debito, ma non è l’approccio giusto secondo me.
- Gli italiani sono poco formiche e molto cicale?
No, a livello personale siamo formiche, quando si tratta dei nostri soldi siamo formiche, è soltanto con i soldi pubblici che siamo cicale.