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Ragusani irregolari

Ogni anno il Natale porta a Ragusa un regalo atteso tutto l’anno: il rientro di chi torna a trovare parenti, amici e a volte anche i propri sogni abbandonati anni prima. Iniziano così incontri, cene, saluti, aperitivi come per recuperare il tempo “perso” in un’altra vita, lontana e parallela. Questo è il ritmo della nuova emigrazione che grava oggi sul Sud e su Ragusa. Se ne parla, si discute e si chiude sempre rispondendo “mancanza di servizi, lavoro, infrastrutture”. Difficile credere di potere risolvere una dinamica complessa con una risposta così semplice.

Affrontare la questione, se davvero lo si vuol fare, richiede un impegno diverso.

Non si può controllare ciò che non si è misurato. Bisogna “misurare” il fenomeno nei suoi aspetti più significativi: quanti sono i nuovi emigrati? Quali fasce di età? Quale motivazione? Quale titolo di studi? Sarebbe importante sapere quanti “subiscono” questa condizione: quanti vorrebbero rientrare? A quali condizioni? E ancora, da un diverso punto di vista: quanti di quelli che restano andrebbero via? Perché? Perché rimangono ancora qui? Questa doppia indagine non è un esercizio di raccolta dati ma una valutazione dello stesso problema nei due aspetti fondamentali: il disagio di chi parte, il disagio di chi resta.

Non una soluzione ma un punto di partenza. C’è chi parte e chi resta ma ciascuno vive tutto in solitudine: si affronta il problema subendolo, singolarmente, come se nulla possa essere modificato; si è troppo piccoli e soli per potere influire su un problema così grande. La soluzione non è dietro l’angolo ma il punto di partenza è qui: bisogna infrangere queste “solitudini” creando un contesto in cui le iniziative possano prendere piede, senza avere paura delle tante che finiranno poco dopo essere partite.

Serve un network: uno spazio in cui si creino relazioni fra chi vive fuori per condividere dubbi, esperienze, speranze, idee, iniziative. Serve un legame anche con chi resta: chi vive qui spesso sembra non trovare spazio per nuove proposte. Serve un legame fra chi è tornato a vivere a Ragusa, chi sta pensando di farlo e chi rimarrà lontano.

Abbiamo una grande ricchezza: le esperienze, le nuove competenze, le speranze, le energie, il diverso punto di vista di chi vive fuori ma è rimasto legato alla propria città; mettere tutto questo in relazione con la consapevolezza della realtà, degli spazi e delle potenzialità di chi vive qui, permetterebbe a questo vento di novità di fare germogliare una nuova primavera.

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