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Fu vera vittoria? Ai posteri l’ardua sentenza!

Le recenti elezioni amministrative hanno dato dei risultati per nulla scontati:

  1. non c’è stato l’annunciato bum dei Fratelli D’Italia;
  2. la lega esce abbastanza ridimensionata;
  3. il PD ha avuto una discreta affermazione nonostante le cassandre che lo davano per comatoso;
  4. Forza Italia non è franata;
  5. l’alleanza PD-M5S è stata premiata con una doppia elezione a primo turno che mentre era abbastanza scontata a Bologna non credo che lo fosse a Napoli;
  6. ma soprattutto l’astensione ha raggiunto livelli assolutamente da record per una competizione così vicina ai cittadini e nonostante la mobilitazione dei tanti candidati ai consigli comunali.

Chiunque voglia fare una analisi serena e obiettiva del voto deve partire dall’ultimo dato che ha visto il 45% dei cittadini disertare le urne, soprattutto perché essendo un dato stratificato in modo uniforme, con leggeri scostamenti, sintomo di un problema non riconducibile a problematiche locali, ma di carattere generale. Infatti anche nei comuni più piccoli, dove la percentuale dei votanti è ovviamente più alta perché il rapporto con i candidati è meno impersonale, comunque i votanti sono stati mediamente il 13% in meno di 10 anni fa.

Questo elemento deve senza dubbio indurre a riflettere!

Credo vi siano pochi dubbi sul fatto che il voto degli elettori delusi dalla “maturazione governativa” del M5S si sia trasformato in massima parte in “non voto” confermando che si trattava sostanzialmente di un voto di protesta anti-sistema; l’osservazione a mio avviso non è ne scontata ne banale perché il turbinio dei sondaggi elettorali invece dava la sensazione di un travaso di voti dal M5S alla destra, cosa che avrebbe avuto una sua logica atteso che essendosi proclamato movimento equidistante, la successiva propensione (di alleanza strutturale ancora è prematuro parlare) verso il centrosinistra avrebbe spingere i suoi elettori verso quella destra che ha le stesse caratteristiche populistiche.

Ebbene così non è stato!

I partiti alla luce di questi risultati devono rivedere le loro strategie rispetto alla prospettiva delle elezioni politiche il cui risultato non è più scontato come si immaginava soltanto una settimana fa.

La destra di opposizione ha avuto notificato che il voto di protesta dei pentastellati pur essendo un voto di protesta antisistema non arriva al punto di essere un voto che arriva a travalicare il limite dell’antifascismo, argomento su cui il partito dei Fd’I continua a mantenersi ambiguo.

La destra di governo ha dovuto prendere atto del fatto che la linearità di Forza Italia, anche con un leader oramai al tramonto, paga di più del gioco delle parti Giorgetti/Salvini che di fatto ha solo regalato voti alla destra di opposizione.

E ora andiamo al PD che ha cantato vittoria, non senza qualche ragione avendo riconquistato i due seggi alle elezioni suppletive per il Parlamento e vinto al primo turno nelle città più importanti.

E’ sicuramente incoraggiante il risultato dell’alleanza con il M5S nei 2 grandi comuni in cui si è consolidata (Bologna e Napoli, ma anche nei collegi uninominali in cui si è votato con la ”desistenza” del M5S”), però anche il PD deve riflettere sulla potenziale caducità di questa vittoria.

Una vittoria fondata sull’astensionismo è quanto di più precario esista in un quadro politico che presenta già una volatilità del consenso molto elevata.

L’azione di Letta è stata sicuramente incisiva e ha dato un grande contributo a reggere in occasione di queste amministrative, ma il processo da lui innescato è ancora agli inizi e sconta nei territori significative resistenze, l’astensionismo progressista che il PD contava di riconquistare è ancora alla finestra e attende un vero cambiamento che valuterà solo alla fine del processo innescato da Letta.

Anche il M5S deve ritrovare la capacità di toccare le corde giuste che rimotivino il proprio elettorato, stavolta non agendo sulla protesta a suon di “Vaffa”, ma riscoprendo le istanze di buona politica e di difesa degli svantaggiati che hanno costituito la parte più concreta del loro messaggio politico, il loro elettorato cerca radicalità nelle scelte e coerenza nei comportamenti, il nuovo M5S deve convincere il proprio elettorato deluso che è capace di scelte radicali nella sostanza senza bisogno di urlare o di inveire contro gli altri attori politici.

Che Conte abbia ben chiaro i limiti in atto dell’appetibilità politica del M5S è abbastanza pacifico, non vorrei che invece per il PD i risultati di domenica scorsa costituissero l’alibi per interrompere il processo di rifondazione appena iniziato appagati da un risultato a mio avviso assolutamente precario.

Solo la realizzazione di queste condizioni potrà fornire una prospettiva di contendibilità della vittoria, altrimenti…

Bancario, Giornalista Pubblicista.

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