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Il lascito dei Costituenti, il lascito di Gino Strada

Gino Strada ci ha lasciati non sottraendosi al destino di finitudine inestricabilmente legato all’umana vicenda terrena dell’esistere. Anche lui ha seguito l’ineluttabile approdo a un mondo altro, imperscrutabile! Anche Gino, ha lasciato per sempre questo mondo, come tanti altri suoi compagni di rara “bellezza”, uomini e donne del mondo della musica, dell’arte, dell’impegno etico, politico, sociale: mi vengono in mente Claudio Abbado, Ezio Bosso, Alda Merini, Rita Levi Montalcini, per citarne alcuni, senza togliere merito ad altri.

Legittimo per noi il dolore di averli perduti, di vivere come una grave assenza il non poter più gioire, “in diretta”, della melodia delle loro note, delle loro parole e della potenza del loro instancabile progettare e fare per il bene dell’universo umano. Assolutamente non giustificabile, però, lasciare che il dolore, come la nebbia che confonde ogni cosa, prevalga sul senso di cotanta bellezza profusa, offertaci da quanti hanno voluto, con le loro vite, testimoniare l’importanza dell’impegno e della responsabilità di ognuno perché un possibile progetto di nuovo umanesimo non vada disperso.

Oltre il dolore, quindi, va accolto, come prezioso lascito, il monito insito nelle loro scelte di cura, dedizione, presa in carico, nel bene e nel male, delle cose del mondo e dell’uomo.

E viene in mente il lascito dei nostri Costituenti pensando ad un uomo della statura di Piero Calamandrei, a quella parte di un famoso suo discorso pronunciato a Milano nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria nel gennaio 1955 che risuona, ancora oggi, come un monito, una esortazione a fermarsi, a sostare nello spazio della profonda riflessione sul senso da dare alla nostra terrena esistenza:

« Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione…

La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l´impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l´indifferenza alla politica.

In queste righe, oltre l’impegno di tutta una vita, Calamandrei esorta i giovani e gli italiani tutti a non lasciarsi irretire nel pantano dell’indifferenza, non lasciarsi incantare dai bagliori del benessere fatuo o delle libertà egoisticamente, e non di rado colpevolmente travisate, in nome di una salvaguardia senza confini del centro di se stessi. Una esortazione a non rendere vano il tempo della nostra vita, ma sostanziarlo nella consapevolezza di far parte di una comunità di destino in cui tutti siamo chiamati a svolgere l’importante ruolo di costruttori di umanità.

A Gino Strada va riconosciuta la saggezza e la forza di cogliere il testimone di quel lascito e di averne fatto ragion di vita, donandoci come insegnamento il ripudio della guerra, senza se e senza ma:

“La guerra non si può umanizzare, la si può solo abolire” (G. Strada)

Il ripudio della guerra è un valore sacro e uno dei pilastri portanti della nostra Repubblica. Ripudiare la guerra significa eliminarla dalle nostre coscienze, ma anche rifiutarsi di entrare in vecchi e nuovi conflitti, liberare il nostro Paese dalle servitù militari, uscire da ogni alleanza militare, ridurre drasticamente la produzione e l’esportazione di armi, ridurre i costi delle forze armate riconvertendoli in uso civile e sociale”.

Chiaro richiamo all’art. 11 della nostra Costituzione:

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

 Quale Italia? Una Italia che rinuncia alla propria sovranità al fine di realizzare la pace nel mondo; l’Italia che non millanta la gloria di se stessa con gli “eroi” del protagonismo mediatico (le star del calcio e dell’ entertainment, del consumismo culturale); l’Italia dei cittadini, degli operatori sanitari, degli insegnanti, dei professionisti, di tutti coloro che, sempre in prima fila, offrono i loro servizi alle persone con responsabilità e spirito di abnegazione; l’Italia dell’articolo 1 “fondata sul lavoro”; dell’art. 4 che definisce il lavoro secondo la nobile connotazione valoriale di: “ogni attività che contribuisce al progresso materiale e spirituale della società”, lavoro come diritto per il riscatto della dignità dell’uomo, ma anche come dovere civico; l’Italia dell’articolo 2, dei diritti inviolabili dell’uomo….e dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale, dell’articolo 10, dell’accoglienza e del rifugio delle altrui sofferenze.

 “Se uno di noi, uno qualsiasi di noi esseri umani, sta in questo momento soffrendo come un cane, è malato o ha fame, è cosa che ci riguarda tutti. Ci deve riguardare tutti, perché ignorare la sofferenza di un uomo è sempre un atto di violenza, e tra i più vigliacchi.  (G.Strada)”;

 E’, questa, l’Italia delle libertà che sono tali solamente se i diritti sono garantiti a tutti:

“I diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio di tutti, sennò chiamateli privilegi” (G.Strada)”;

Cittadino fra i cittadini di questa Italia Gino ne è stato fedele compagno di viaggio, ha abbracciato la potenza dei principi fondanti collocandoli nello spazio più profondo della sua interiorità e disseminandone l’essenza e la sostanza al di là di ogni orizzonte circoscritto, oltre i confini di se stesso e della propria nazione, da vero, coerente cittadino del mondo:

“I veri valori etici possono nascere solo da una prassi di vita che si misura con i limiti, le passioni, le paure, le ritrosie, l’esasperazione del procedere alla ricerca di sé, nell’altro da sé.” (Gino Strada).

Di questa Italia Gino ha fatto parte, cittadino di una Res-pubblica, il cui termine va inteso nella sua evoluzione semantica, come cosa pubblica globale, bene pubblico di una cittadinanza multipla di cui ogni persona è portatrice nell’universo mondo. Una visione di cittadinanza che ci chiama non solo a reclamare diritti, ma a svolgere, ciascuno in base alla propria condizione, il dovere di contribuire a realizzare il “progetto”, (l’utopia) della pacificazione degli esseri umani con se stessi ed in armonia con la natura.

A tal proposito, Gino preferiva il termine “progetto” a quello di “utopia” per meglio evidenziare piuttosto l’aspetto del “fare per realizzare” e non quello di “sognare di realizzare”. Una scelta, questa, che tanto lo accomuna ad Altiero Spinelli nella misura in cui questi concepiva l’utopia come meta ideale che tende all’impossibile per realizzare il possibile; Altiero Spinelli che non smise mai di cercare, riflettere, “fare” per la realizzazione di un progetto di Europa, unita, federale, democratica.

Grazie Gino per aver arricchito il lascito delle generazioni che ci hanno preceduto, a noi il compito di tramandarlo ai giovani e al loro futuro, ponendo in essere possibili, efficaci esempi di emulazione del loro insegnamento e del loro operato.

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