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Prima dell’UNO viene il DUE

L’AMORE come desiderio di qualcosa che manca: l’EQUILIBRIO delle parti nell’ARMONIA del tutto

L’amore è DESIDERIO non appagato, desiderio di avere ciò che manca nel presente, nel futuro; amore è RICERCA di altro oltre il conosciuto, è sconfinamento oltre il perimetro della ragione, delle cose codificate: è CREAZIONE di sempre rinnovati orizzonti dell’essere DUE prima ancora dell’essere UNO (individuo, monade). Amore è la dimensione dialogica che fonda l’io, è la relazione dialogica che produce spazi e luoghi meticci perché l’alterità non la spaventa, l’amore si fa contaminare, è cambiamento che rigenera, è continuo divenire, RINASCITA: l’amore appartiene alle categorie della CREAZIONE.

E se la ricerca cessa, quando il desiderio è appagato, allora vuol dire che quel cercare non apparteneva alla dimensione dell’amore, ma era mosso da impulsi altri (possesso forse, dominio, controllo dell’altro, edonismo dei corpi) che finiscono per situare gli uomini e le donne nella sfera utilitaristica e funzionale del vivere. In  tale dimensione del vivere la ricerca di appagamento dei desideri diviene ENERGIA CENTRIPETA che tende a recidere tutto ciò che non confluisce verso il proprio centro, energia che ESCLUDE, mette fuori tutto ciò che il centro non riconosce. L’energia centripeta non sa immaginare spazi e luoghi meticci, non si fa contaminare, ha paura del diverso da sé, colloca l’uno prima del due, l’io prima della relazione, il monologo prima del dialogo e finisce per restringere l’ambito del pensiero e dell’agire umano a sterile ripetizione di un se medesimo che non conosce cambiamento, rinascita, divenire e, dunque, minaccia la stessa sopravvivenza della specie.

Allo stato delle cose del mondo siamo sicuri che stiamo viaggiando verso la direzione più congeniale agli imperativi dell’amare? Sarà pur sensato chiedersi perché la storia, antica e moderna, è permeata di guerre e olocausti certamente non collocabili nella sfera d’amore del vivere? E, condividendo pienamente il pensiero di quanti sostengono che il conflitto armato è pura energia distruttrice, è legittimo chiedersi perché gli uomini – in quasi tutte le civiltà del mondo di cui si hanno ragionevoli ricostruzioni storiche – si fanno da sempre la guerra.

Sulla base di alcuni studi antropologici (Franco La Cecla e altri) si afferma che nel rapporto fra i generi, all’alba dei tempi, gli uomini che non erano ancora in grado di trovare risposte chiarificatrici attorno al mistero della vita, restavano inermi e spaventati di fronte alla realtà, percepibile, che alle donne la natura aveva assegnato il compito di accogliere in grembo, custodire, e poi consegnare la vita al mondo. Ma tale primigenio quesito rimane ancora oggi collocato nella sfera degli “IMPERSCRUTABILI”. Il discorso allora si sposta sul dato storico che pone in luce come, in quasi tutte le civiltà, per la maggior parte patriarcali, ma anche in quelle matriarcali, si assiste ad una polarizzazione dei ruoli di genere nelle relazioni sociali e politiche. Pertanto la nuova indagine filosofica, antropologica e sociologica, dovrebbe essere rivolta alla riscoperta e alla valorizzazione della differenza di genere al fine però di attivare un dialogo su basi nuove.

Un dialogo orientato verso il superamento di quella contrapposizione che nel passato si è cristallizzata nella forma del dominio del maschio (macho) sulla femmina, e del maschio su tutti gli altri generi (LGBT: lesbiche, gay, bisessuali, transgender), ma che rischia oggi – con le legittime rivendicazioni di emancipazione di tutte le persone e del diritto di tutti di avere diritti – di rendere i maschi fragili, disorientati, nudi di identità di genere. Il rischio perciò per le nostre società è quello di restare irretiti in un circolo vizioso di nuove forme di contrapposizione maschio- femmina e, di fronte all’eterno mistero del senso del vivere, continuare ad essere incapaci di avviare processi di relazione dialogica fra i generi e con essi maturare la consapevolezza che è l’energia d’amore che promette futuro all’umanità. L’energia del dialogo che, a partire dalla diversità dei generi, investe, nell’esperienza umana, tutte le forme di alterità e, con la sua forza centrifuga, può ancora aprire lo spazio del divenire.

Ma se amore è desiderio inappagato, ricerca di qualcosa che possiamo pure avere nel qui ed ora, e che desideriamo garantirci anche per il futuro, perché non approfondire la ricerca sulle forze che scatenano le guerre? Perché – uscendo dal ragionamento dei singoli per situarsi negli universi collettivi – non chiedersi cosa è successo nel cuore degli uomini nel prendere atto, in quell’alba dei tempi lontani, che nelle donne risiedeva il potere di generare la vita nel mondo? Se fosse vera la tesi che gli uomini hanno avuto paura e nello stesso tempo invidia del potere primigenio delle donne, paura e invidia potrebbero essere state le forze centripete prevalenti che hanno finito per orientarne il loro agire.

Così, poiché alle donne la natura aveva riservato il potere di PARTORIRE la vita, è come se agli uomini fosse rimasta la prerogativa di GOVERNARE la vita appena dopo il suo originarsi e fino all’ultimo respiro della vita stessa nel mondo. Per millenni allora si ripete negli uomini l’impulso a ingabbiare, dominare, offendere, dissolvere la vita – invece di ricercarne il senso – inventando istituzioni violente fino alle guerre totali che, in ultima analisi, si risolvono non nel governo (o buona cura) della vita, ma nel malefico potere di disseminare la morte fra le creature della terra.

Ma se tutto ciò è, in fondo, il frutto di una malefica impalcatura culturale del genere umano, urgente è l’istanza di attivare un serio dibattito sulla effettiva possibilità di inventare un inusitato senso dell’identità di genere per una rinnovata ricerca dei ruoli che ciascuno può dignitosamente giocare, in armonia con gli altri, nelle comunità di vita in cui si muove il suo divenire. E ogni cosa di quanto è appena detto non può svolgersi se non secondo il farsi delle relazioni d’amore, amore inteso come MANCANZA, DESIDERIO, RICERCA: MANCANZA di un regno di pace – della quiete interiore degli individui e dell’abbraccio di pace comune – ; DESIDERIO di coltivarlo nel qui ed ora; RICERCA di alfabeti impensabili come viatico per la cura del futuro degli uomini, delle donne e delle diverse identità di genere nel mondo.

Via concludendo, e a proposito di mondo, se l’essere è il due che viene prima dell’uno – come ricorda Umberto Galimberti in diverse sue opere, riportandoci al discorso dei classici: è la relazione che fonda l’essere, e la relazione è per definizione dialogo – possiamo allora ragionevolmente assumere che il dialogo viene prima del monologo: ciò può voler dire che abbiamo l’obbligo di obbedire alla forza centrifuga che sta in ciascuno di noi e difenderci dal rischio di cadere nella trappola centripeta del monologo, del parlare a se stessi perdendo di vista orizzonti altri dal se medesimo. Abbiamo in dunque il dovere di assumere la consapevolezza che noi europei siamo figli di un monologo culturale che dura da millenni. Un monologo dal quale non riusciamo a staccarci, nemmeno quando ci avventuriamo nelle più encomiabili e raffinate esperienze di pensiero speculativo; e non riusciamo a staccarci, cosa assai grave, quando rimaniamo irretiti in sterili, ridondanti dibattiti su fenomeni quali femminicidio, pedofilia, violenza di genere, razzismi; o ancora, cosa assai più grave, assegnando a tali fenomeni una risonanza mediatica che assume le sfumature di un rumoroso chiacchiericcio cronachista connotato dalla pesante coloritura dell’invettiva nei confronti degli attori dei crimini.

Si finisce, invero, per istigare all’odio ed alla vendetta e a rendersi conniventi e compartecipi della violenza che chiama violenza. In tal modo si chiude un cerchio dove atavici pregiudizi, stereotipi, e superstizioni ristagnano senza alcuna prospettiva di rigenerazione. Il cerchio si chiude e lascia fuori il DESIDERIO della RICERCA di qualcosa che MANCA: il desiderio di cercare nell’alterità, nel pensiero di altri popoli, di altra umanità, quali sono gli spazi D’AMORE in cui poter giocare la loro esistenza in relazione alla nostra.

Il DESIDERIO della RICERCA, in definitiva, dell’EQUILIBRIO delle parti nell’armonia del tutto.

Lucia Muscetti

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