La deriva antropologica che stiamo vivendo e la sofferenza che ne deriva ci invita a riflettere sull’ importanza della carità intellettuale e chiede a ciascuno di noi di farsene carico.
Risuona forte l’appello di san Paolo: ” non conformatevi alla mentalità del secolo.”
La carità intellettuale è discernimento, è riflessione critica, è teologia della realtà per riconoscere cosa, nel tempo che viviamo, ci allontana dalla possibilità di una vita vera, buona, giusta, gradita a Dio.
Quando ci omologhiamo alla mentalità del secolo, alle sue mode, ai suoi “comandamenti”, ai suoi miti, alle sue bugie contribuiamo ad alimentare inconsapevoli sofferenze. Come spiegare diversamente le inanerrabili tragedie dei secoli che ci siamo lasciati alle spalle, se non con l’inconsapevole omologazione alla mentalità del tempo? Come è stato possibile, per esempio, che nella cristiana Italia e nella cristiana Germania i nostri “bisnonni” siano stati complici diretti o indiretti, consapevoli e più spesso inconsapevoli, della tragedia dell’olocausto?
Come è stato possibile che rispettabili padri della chiesa abbiano, nel passato, torturato e condannato a morte migliaia di persone per eresia perché costoro cercavano di vivere secondo la propria coscienza e con pensieri diversi?
E di noi i nostri nipoti cosa diranno?
Si chiederanno sbigottiti: “come è stato possibile che abbiate lasciato morire di fame milioni di esseri umani? ”
“Come è stato possibile che abbiate depredato, sporcato, inquinato la natura in modo così brutale?
Come è stato possibile che abbiate lasciato annegare o morire di freddo migliaia di persone che bussavano disperate alle vostre porte?
Come è stata possibile l’ingiustizia di aver lasciato la totalità delle ricchezze in mano a poche famiglie e a poche multinazionali lasciando negli stenti e nella lotta per la sopravvivenza quotidiana miliardi di esseri umani?
Come è stato possibile avere ” odiato e distrutto” la famiglia dalle sue fondamenta? Come è stato possibile non aver fatto nascere milioni di bambini?
La risposta è che è stato possibile per conformismo alla mentalità del secolo. Per aver accettato acriticamente ideologie economiche e politiche. Per aver creduto buono ciò che non lo era!
Siamo chiamati proprio per questo a costruire una teologia, una cultura e una politica “dei segni dei tempi” e a recuperare la dimensione della carità intellettuale.
Una teologia dei segni dei tempi capace di svelare l’infondatezza dei “nuovi comandamenti” e di illuminare le bugie che scambiamo per verità.
“Consuma e sarai felice”, “adora solo te stesso”, “quello che conta è avere successo”, “godi più che puoi”, “non avere bisogno di nessuno” sono alcuni dei falsi miti che la maggioranza ha fatto propri. In politica economica, poi, c’è un mito, un moloch che alimenta grandissime ingiustizie e che va contrastato con forza: ” la libertà di mercato non deve avere limiti”…
Le ragioni di spazio non ci permettono di soffermarci su ciascuna bugia. Mi piace qui suggerire un libro del cardinale di Bologna, Zuppi intitolato provocatoriamente: “odierai il prossimo tuo” per ricordarci come quella di questo secolo sia una mentalità individualista, narcisista e paranoica che sta uccidendo l’amore e il futuro.
Abbiamo bisogno di leggere i segni dei tempi, di convertire quelli che Lonergan chiama i peccati strutturali di cui raramente i cristiani ci confessiamo e abbiamo un grande bisogno di carità intellettuale.
La carità intellettuale, più ancora di quella politica, è carità in grande perché, la sua assenza o la sua presenza, condiziona diversamente il consenso politico, le scelte, gli stili di vita, i comportamenti.
È per questo motivo che la carità intellettuale non può registrare assenze e peccati di omissione da parte del popolo cristiano. Quando viene meno la carità intellettuale accadono rovinose tragedie.
Questo contesto ci invita a vivere una teologia incarnata, a ricucire le fratture tra fede e vita, a vivere con pienezza e armonia le dimensioni della fede, della ragione e della affettività, a testimoniare un pensiero forte, relazionale, progettuale.
1) Un pensiero forte
Un pensiero è forte perché è capace di abitare al crocevia tra scienze umane e le scienze teologiche con la consapevolezza che se la scienza e la teologia dicono cose contrapposte o siamo in presenza di cattiva scienza o siamo in presenza di cattiva teologia.
Ha scritto Vattimo che viviamo il tempo del pensiero debole. È altrettanto vero che viviamo il tempo del pensiero religioso debole. Un pensiero forte è espressione di identità e di integrità ed è la premessa necessaria per ogni confronto dialogico. Un pensiero forte va oltre i facili relativismi per vederci impegnati a custodire, insieme, l’umano nell’uomo.
2) Un pensiero relazionale
Se il pensiero non si fa relazione è sterile. La relazione è sostanza. E’ il cuore del cristianesimo che è radicalmente relazionale fino alla disponibilità a dare la vita per salvare e custodire l’altro. Se il pensiero non è relazionale diventa astratto, sterile elitario.
Senza mentalità e sensibilità relazionale la forza degenera in violenza, supponenza, saccenza. La religione diventa lotta di potere e strumento di proselitismi. Lo stesso Crocifisso diventa un oggetto contundente, un’arma per colpire l’altro.
La forza dell’identità ha bisogno di essere salvata dalla relazione. Ha bisogno di essere salvata dall’umiltà relazionale. L’umiltà non è un un atteggiamento intrapsichico o depressivo. L’umilta non è zittirsi o attenersi al politicamente corretto. Coincide con la capacità di stare in ascolto e fare spazio all’altro, a Dio, alla realtà, alla verità sul mistero dell’esistenza. Ha scritto Bonhoeffer che chi ascolta non combatte. Aggiungiamo noi che l’unica lotta che vale la pena di combattere è quella contro l’ingiustizia alimentata dai nostri pensieri egocentrici ed egolatrici che ci impediscono e compromettono la qualità della relazione.
3) Pensiero progettuale
Non basta saper leggere i segni dei tempi e sottrarsi ai conformismi. Non basta farsi prossimo con continuità, forza, umiltà, accoglienza. Occorre il dono della profezia. Occorrono visione progettuale e organizzazione puntuale e dinamica. Occorrono ” pensieri lunghi” e capacità di pianificare le azioni necessarie.
Colpisce che la chiesa pur essendo così capillarmente presente nel territorio, pur disponendo di beni e risorse sia diventata così ininfluente. Sono tanti i motivi di questa progressiva marginalità. Sicuramente un motivo va ricercato nella difficoltà a creare al suo interno e al suo esterno legami sapienti, progettuali e azioni condivise.
L’uomo post moderno non ha nei confronti della Chiesa un pregiudizio negativo o positivo a priori. Porta nel mondo la sua sete di felicità. Gli capita spesso di imbattersi in risposte sbagliate, ma la sete resta. Questa sete i mercanti provano a manipolarla, gli artisti provano ad esprimerla. I cristiani dentro la vita, con la testimonianza di un pensiero forte, relazionale, profetico che trova in Gesù di Nazareth il suo compimento hanno il dovere di offrire nel tempo che ci è dato di vivere la buona notizia della salvezza.
Tonino Solarino